Il payoff di Cartesio
philosophia.sum | tutto un altro pensare è curata da Alberto Trentin
Cogito ergo sum è una delle frasi più note, ricordate e parodiate della filosofia occidentale. Se Cartesio, al secolo René Descartes (La Haye-en-Touraine 31 marzo 1596 - Stoccolma 11 febbraio 1650) avesse inventato, oltre alla filosofia e alla matematica moderna, anche il diritto d’autore, se la sarebbe passata decisamente meglio. Immaginando l’intera filosofia occidentale come fosse un’azienda, un marchio, Cartesio starebbe benissimo nel reparto marketing e il suo cogito ergo sum sarebbe uno dei candidati migliori al ruolo di payoff. È sintetico, semplice, memorabile, legato all’azienda, distintivo. Che altro serve?
In questa immaginaria multinazionale, perfino Hegel, uno dei dipendenti più tetri e meno inclini al romanticismo, prima di tornare in ufficio a sistemare, idealmente e triadicamente, l’organigramma dipartimentale, ebbe a elogiare il lavoro del collega: “Qui possiamo dire d’essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare «Terra!». Cartesius segna un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare e la cultura moderna della ragione cominciano con lui.”
E la storia non finisce qui.
Dalla fine dello scorso millennio abbiamo iniziato a fare conoscenza -se non proprio amicizia- con il concetto di Storytelling. Lo troviamo dappertutto, a volte anche a sproposito come sembra inevitabile per le cose di moda e, ancor più, per le cose moderne. Al di là di questa vaghezza, ciò che qui importa notare è che il suo successo riflette un rinnovato interesse per la pratica umana -troppo umana- di raccontarsi e di raccontare un certo modo di stare al mondo, consapevole di essere -ciascuno- anello di congiunzione tra un prima e un dopo e che la successione di questi anelli costituisca una storia e che questa storia sia narrabile. Anzi, senza storia, i fatti anche più grandi sono poca cosa.
Sfila via i fatti dalla realtà. Quel che resta è storytelling.
Così definisce Baricco il raccontare, in una delle sue letture a Mantova.
Cartesio questo l’ha capito molto bene. A partire dalla crisi esistenziale che lo colse negli anni in cui si trovava in Germania, arruolatosi nell’esercito di Massimiliano di Baviera, la sua missione divenne quella di rinnovare e rifondare lo scibile su basi razionali, chiare e distinte come valide ancore per mantenersi saldo tra i marosi delle apparenze. Fu un lavoro lungo, seguirono anni di intensi viaggi e ricerche e meditazioni prima che il metodo trovasse una giusta formalizzazione e divulgazione in quel Discorso sul metodo (Leida, 1937) messo a introduzione di tre saggi di fisica e geometria (Dioptrique, Météores, Géométrie). Questo testo è già una ricapitolazione dell’avventura intellettuale di Cartesio costruita attorno alla critica della tradizione e dell’autorità e mossa da un intento pedagogico e pratico. Sarà solo qualche anno dopo che uno spunto, vago e questo sì indistinto, contenuto del Discorso troverà ampio spazio facendo ricordare Cartesio come il filosofo del dubbio metodico o iperbolico.
Nel 1641 pubblica le Meditationes de prima philosophia (cioè di metafisica); al suo interno troviamo la formulazione del motto da cui siamo partiti e che costituisce il perno dell’edificio cartesiano, l’evidenza ultima che non può essere smentita e che neutralizza il dubbio una volta per tutte, aprendo da un lato il riconoscimento del pensiero come vera essenza dell’Io (res cogitans) e dall’altro la strada all’accettazione della verità innata (Dio esiste) e del mondo esterno (res extensa).
Non sono mancati critici, da Huygens a Newton, che hanno visto nell’articolazione della prosa filosofica cartesiana più di un’affinità con l’arte narrativa, e facendo di Cartesio l’autore di una sorta di romanzo filosofico dove i fatti cedono spazio al loro racconto. E c’è una innegabile maestria narrativa in queste parole che chiudono il suo trattato sulla geometria:
Et j’espère que nos neveux me sauront gré, non seulement des choses que j’ai ici expliquées, mais aussi de celles que j’ai omises volontairement,afin de leur laisser le Plaisir de les inventer.
[Spero che i posteri mi saranno grati non soltanto per quello che ho qui spiegato, ma anche per quanto ho volontariamente omesso così da lasciar a loro il piacere della scoperta.]